Il caso. Cessione di un immobile in cambio di assistenza morale e materiale
Un signore ultraottantenne cede ad un vicino, estraneo, un immobile di cospicuo valore con l’impegno che questi gli presti assistenza morale e materiale fino al termine della propria vita. Qualche mese dopo, l’anziano, già malato di cancro in fase avanzata al momento della sottoscrizione del contratto, muore.
Si rivolge allo studio per ottenere tutela il nipote dell’anziano signore, che, dopo aver scoperto l’esistenza del contratto di mantenimento e la trascrizione della cessione dell’immobile a favore dell’estraneo, appura, tra l’altro, che gli impegni di cura e di assistenza assunti dal vicino non sono stati rispettati. Il nonno, infatti, lungi dall’essere stato effettivamente accudito, trascorre gran parte gli ultimi mesi di vita in una struttura ospedaliera dove viene più volte condotto e dove, in aggiunta, i sanitari accertano e documentano un grave stato di disidratazione e finanche carenze igieniche tali da doverlo sottoporre a toilette.
Il nipote ci chiede se, e quale, forma di tutela dei propri diritti ereditari sia concretamente possibile.
Vitalizio assistenziale: quali le caratteristiche?
Il contratto sottoscritto tra l’anziano signore ed il vicino mediante atto pubblico ricevuto da notaio non è infrequente nella prassi; esso è definito vitalizio “assistenziale” (vitalizio improprio) o contratto di mantenimento.
Il contratto di mantenimento o vitalizio “assistenziale” (vitalizio improprio) non ha una regolamentazione specifica nel codice civile ed è per questa ragione che costituisce un contratto atipico, ovvero non regolamentato dalla legge, ma non per questo esso non è meritevole di tutela giuridica.
Al contrario, le finalità che con questa tipologia di accordo le parti mirano a realizzare sono in sé stesse lecite e meritevoli di tutela: da un lato, infatti, il cedente, dietro alienazione di un immobile a favore del cessionario si assicura assistenza completa, morale e materiale (vitto, alloggio, spese mediche e per badanti et similia), per tutta la durata della propria vita; dall’altro, il vitaliziato, a fronte del trasferimento immobiliare, si obbliga a soddisfare tutti i bisogni di cura e di assistenza del vitaliziante, secondo le modalità concrete che sarà opportuno specificare nell’atto.
L’aleatorietà: condizione imprescindibile del vitalizio atipico
Tale particolare contratto è e deve essere caratterizzato dalla cosiddetta “aleatorietà”, ovvero dall’assunzione di un rischio da parte di entrambi i contraenti. Al momento della sottoscrizione del contratto, infatti, non è dato sapere chi dei due contraenti si troverà a sostenere la prestazione economicamente più onerosa, ovvero, detto in altri termini, non è possibile prevedere chi dei due “avrà fatto un buon affare”.
In particolare, risulta evidentemente incerta, al momento della conclusione del contratto, la durata ed il quantum della prestazione cui si è obbligato il vitaliziato, poiché essa dipenderà dalla durata della vita del vitaliziante e dalla concreta misura delle esigenze e bisogni di cura e di assistenza che si renderanno necessari per adempiere il contratto.
I negozi di vitalizio atipico, in sostanza, qualunque sia la forma specifica utilizzata dalle parti (contratto di mantenimento, di alimenti, di assistenza), sono caratterizzati dall’ “alea” che ne costituisce elemento causale ed essenziale.
Cosa accade, allora, se manca l’“alea” in quanto, al momento della sottoscrizione del contratto, il vitaliziante sia già malato in fase terminale o abbia un’età talmente avanzata da lasciar prevedere il decesso in tempi brevi? E se a ciò si aggiunge anche il valore elevato dell’immobile oggetto di trasferimento?
La giurisprudenza, in numerose pronunce, ha ribadito che nel contratto atipico di vitalizio alimentare l'aleatorietà è un elemento essenziale del negozio e va accertata al momento della conclusione del contratto; l’aleatorietà, in particolare, concerne l’incertezza obiettiva iniziale della durata della vita del soggetto che riceve cura ed assistenza nonché l'incertezza in ordine al rapporto tra il valore delle prestazioni dovute dal vitaliziante ed il valore del cespite ceduto in corrispettivo del vitalizio.
Ne consegue che
laddove tale aleatorietà manchi al momento della sottoscrizione del contratto, per essere il beneficiario affetto da malattia che, per natura e gravità, renda estremamente probabile un rapido esito letale, che ne provochi in effetti la morte dopo breve tempo, o se questi ha un'età talmente avanzata da non poter certamente sopravvivere, oltre un arco di tempo determinabile, il contratto può ritenersi nullo per carenza di causa.
La risposta dello Studio Legale Calabritto
Nel caso esaminato, dunque, il nipote può ragionevolmente far valere in giudizio la nullità del contratto di mantenimento sottoscritto dal nonno per carenza dell’alea, atteso che, al momento della sottoscrizione, questi, oltre ad avere un’età avanzata che ne rendeva non probabile il prolungarsi della vita oltre un lasso di tempo contenuto, era, altresì, affetto da grave malattia in fase terminale, tale da lasciar prevedere il decesso in breve tempo.
Si può, dunque sostenere che, a fronte dell’elevato valore dell’immobile oggetto del trasferimento, il vicino di casa non abbia, di fatto, assunto alcun alea circa il valore della prestazione di cura ed assistenza assunta nei confronti dell’anziano signore.
L’ottenimento della pronuncia di nullità consentirà, in definitiva, di ri-acquisire al patrimonio ereditario il bene oggetto di trasferimento.
Opportuna è, altresì, la richiesta in corso di causa di una CTU (consulenza tecnica d’ufficio) volta ad appurare l’esatto valore del bene oggetto del trasferimento allo scopo di rilevare la sproporzione tra le prestazioni assunte dalle parti.
Lo Studio Legale Calabritto è specializzato in diritto di famiglia in ambito successorio e in controversie ereditarie.