In materia, sino all’intervento della Cassazione a Sezioni Unite, si fronteggiavano due diversi filoni giurisprudenziali.
Secondo il primo orientamento, il testamento olografo, pur essendo caratterizzato, ai fini della validità, dagli specifici requisiti di forma di cui all’art. 602 c.c., resta pur sempre una scrittura privata.
Conseguentemente, l’onere di dimostrarne l’autenticità graverebbe unicamente su chi pretenda di aver acquisito diritti ereditari in forza del testamento.
Viceversa, la parte nei cui confronti viene azionato il testamento olografo, avrebbe unicamente l’onere di disconoscerne l’autenticità.
Per dirla più semplicemente, quindi, nel conflitto tra l’erede in virtù di legge e colui che assuma di essere erede in forza del testamento olografo contestato, sul primo graverebbe unicamente l’onere del disconoscimento della scheda testamentaria, mentre il secondo avrebbe l’onere di proporre l’istanza di verificazione del testamento e di dimostrarne l’autenticità.
Il secondo orientamento giurisprudenziale identifica, invece, nell’eccezione di falso, formulata secondo le modalità e le formalità di cui all’art. 221 ss. c.p.c., lo strumento necessario a contestare l’autenticità del testamento olografo. Tale conclusione trova il proprio fondamento nella considerazione che il testamento olografo, pur non essendo propriamente un atto pubblico, è comunque connotato da una peculiare rilevanza sostanziale e processuale, tale da rendere necessario il ricorso alle forme di cui alla norma menzionata. La necessità dell’utilizzo della querela di falso, di cui all’art. 221 c.p.c., troverebbe giustificazione anche nell’argomentazione per cui la procedura di disconoscimento e di verificazione della scrittura privata, di cui art. 216 c.p.c., può valere unicamente per le scritture provenienti dai soggetti che sono parte del processo; il testamento olografo, viceversa, è un documento formato da un terzo estraneo al processo; le parti processuali, pertanto, per contestarne l’autenticità, non possono che fare ricorso ad un’ eccezione di falso ed alla relativa querela, non trattandosi, evidentemente, della negazione della propria firma o della propria scrittura da parte del soggetto contro cui il documento è fatto valere.
La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza citata, dopo aver evidenziato la persuasività degli argomenti posti a fondamento di entrambe le tesi contrapposte, interviene sul tema delle modalità di contestazione delle scritture provenienti da terzi estranei alla lite, prospettando, per ciò che concerne il testamento olografo, una cosiddetta “terza via”.
In sostanza, chi intende impugnare un testamento olografo deve promuovere non già, necessariamente, un giudizio di falso, ma un’azione di accertamento negativo della falsità del testamento, assumendone il relativo onere probatorio. In altri termini, chi contesta l’autenticità del testamento, deducendo che esso non proviene dall’autore apparente, deve provarne la falsità.
Il semplice disconoscimento del testamento da parte di colui che si professi erede legittimo non è, dunque, sufficiente a provare la falsità del testamento in quanto da ciò conseguirebbe che l’intero onere probatorioricadrebbe sull’erede testamentario, in spregio ai principi generali di cui all’art. 2697 c.c.
Il testamento olografo, pertanto, secondo la Suprema Corte, pur non essendo un atto pubblico in senso proprio, non è contestabile attraverso il procedimento previsto per la scrittura privata di cui agli artt. 214 e ss. c.p.c. e fa piena prova della sua provenienza dal testatore.
Sarà, pertanto, il soggetto che ne contesta l’autenticità a dover provare la propria asserzione, senza potersi limitare ad un mero disconoscimento, promuovendo, non già la querela di falso – ritenuta azione non più indefettibile, ancorché possa essere ugualmente prescelta -, ma un’azione ordinaria di accertamento negativo della falsità del testamento, nell’ambito della quale potranno essere utilizzati gli ordinari mezzi di prova.